Recensire un gioco tratto da un film non è mai cosa facile. Non c’è sorpresa, non c’è stupore se non riponendo fiducia nel comparto tecnico-grafico, non c’è il bello di una trama che possa realmente appassionare perché completamente distaccata dalla realizzazione del grande schermo. Questa recensione sarebbe dovuta uscire già tempo fa eppure è stata più volte rimaneggiata e ripensata per cercare di indorare una pillola diversamente amara, forse tanto quanto il giudizio collettivo de “L’era dell’estinzione” ancora nelle sale al momento della stesura di questo articolo, che tra alti e bassi ha ottenuto la media voti / gradimento peggiore tra tutti i capitoli usciti fino ad ora dedicati ai robot della Hasbro, nonostante i grandi incassi.
Tutto parte da uno strano meteorite di colore viola che arriva a schiantarsi sulla Terra destando l’ovvia curiosità di Optimus Prime e dei suoi compagni di viaggio i quali, una volta raggiunto l’obiettivo, se lo lasceranno portare via dai Decepticons e dal nuovo obiettivo principale da annientare nel corso del titolo su console (Lockdown). Si tratta della Spark Oscura, quella che dona un potere in grado di piegare la materia e la volontà degli altri esseri senza alcuna possibilità di sottrarsi al peggio. Cosa c’è di meglio di una occasione simile per cominciare una campagna all’ultimo bullone per salvare ancora una volta il nostro pianeta da distruzione certa?
Per non fare torti a nessuno il titolo permetterà, nei suoi 14 capitoli, di prendere le parti di una e dell’altra fazione permettendoci così di esplorare ed utilizzare ogni risorsa e caratteristica a disposizione di Autobots e Decepticons. Start, Action, Replay, perché da ora in poi l’azione completa consisterà in questi 3 passaggi fondamentali incontrando i nemici sul campo di battaglia, tra le rovina di una città o su pianeti ancora non del tutto esplorati, magari popolati da esseri non particolarmente felici della vostra compagnia che ne approfitteranno quindi per generare ulteriore fastidio. A customizzare ogni robot c’è la possibilità di conquistare bonus e nuove abilità durante il percorso, permettendo poi di richiamare ciò che serve tramite la croce direzionale. Si parla di 45 Transformers disponibili all’interno del titolo, ognuno in grado di trasformarsi rapidamente anche durante un combattimento (solo talvolta la trasformazione viene bloccata in maniera forzata dall’avanzamento della storia, ndr), una delizia ed una pena allo stesso tempo perché –come capitato al sottoscritto– potreste trasformarvi quando non voluto per una errata combinazione di tasti e magari -tornando in possesso di sembianze valide per un reale combattimento- potreste avere grosse difficoltà con il sistema di puntamento del vostro protagonista, non certo dei migliori e che ovviamente non farà altro che generare maggiore difficoltà nel controllo e prenderle di santa ragione da un nemico neanche così potente.
Nonostante l’ottimo lavoro svolto nei precedenti titoli della saga, questo Transformers: The Dark Spark sembra promettere tanto ma mantenere molto poco, anche su next-gen dove non credo sfrutti affatto le reali potenzialità della macchina mettendo davanti agli occhi del giocatore una realizzazione cross per la quale sfido chiunque a notare differenze abissali tra una Xbox 360 e una One (utilizzata per la recensione, ndr), in quanto i palesi difetti di ottimizzazioni e cura quasi del tutto mancanti si associano ad un set di musiche, dialoghi e suoni ambientali che lasciano anch’essi a desiderare, uno scenario all’interno del quale neanche l’adorato Bumblebee potrebbe venirvi a salvare e portare via. E non preoccupatevi se durante un livello venite abbattuti da un personaggio di “secondo piano“, capita anche questo, basta trovarsi nel punto giusto al momento giusto per prendere in pieno un colpo nella peggior maniera possibile, anche se voi siete più corazzati e più forti, forse un bug, forse una cosa voluta (dubito fortemente) ma in ogni caso una frustrazione (e facile imprecazione) per chi ha in mano il controller.
Dispiace, dispiace tanto, soprattutto perché a poter giocare titoli che nella loro totalità ottengono buoni punti e fiducia nel corso degli anni ci si aspetta poi che la favola continui, ci si spera almeno. Stavolta c’è da accontentarsi (tanto) e imparare per il futuro, con la speranza che fretta di uscire e necessità di affiancare il classico titolo alla produzione cinematografica non tarpino nuovamente le ali a chi solitamente lavora bene e produce qualcosa di soddisfacente per il cliente finale. Peccato Edge of Reality, sarà per la prossima volta.
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