Sembra ieri (e lo è, ndr) quando ho accettato questo nuovo lavoro e la sfida che ha portato con se –e che tutt’ora porta– quotidianamente. Nuovo capo, nuovi colleghi, nuovo ambiente, nuovo tutto, o almeno “in teoria“. Sono stato “ripescato” dalle vecchie conoscenze di quando prestavo servizio di consulenza all’interno della società. A distanza di due anni dal termine del contratto con il mio precedente datore di lavoro, il gruppo Messaggerie ha deciso di tirarmi dentro con i suoi pro ed i suoi contro.
Ad oggi vivo da solo, in un appartamento ancora senza Ilaria, con la quotidianità fatta di piccole e grandi cose, di spese (tante), di soddisfazioni (tante anche quelle, fortunatamente), di un ambiente di lavoro che mi piace e che mi stimola a dare tutto me stesso per non tradire la fiducia di un amico (prima di tutto) e di un capo che ha creduto in me e che è riuscito a convincermi che fare questo salto sarebbe stato un investimento a lungo termine, soprattutto dopo i sacrifici fatti negli anni passati, nella speranza che un giorno sarebbe arrivato questo momento.
E poi c’è Milano. Il mio è un amore misto odio, un po’ platonico, fatto di sorrisi, sospiri e rimpianti allo stesso tempo. Ho abbandonato una città splendida che ha tutto da offrire, che regala una vita fatta di aria buona, una cucina invidiabile, un caos del tutto gestibile, il mare (tutto sommato ci si accontenta) e qualsiasi altra cosa vi passi per la testa e che possa essere ricollegata alla riviera romagnola.
L’unico neo (riferito nello specifico a Ravenna) è la scarsa offerta (e concorrenza) a livello lavorativo per quanto riguarda il mio campo, motivo per il quale ho voluto dare fiducia a Milano, che dal canto suo è una città ricca di storia, di persone, di servizi, di caos del tutto ingestibile. C’è chi lo apprezza (e qui sono io a non capire una cosa simile!), eppure eccomi qui, ho accettato la proposta e l’ho trasformata in una sfida soprattutto per me stesso, l’età è quella giusta e la voglia di mettermi in gioco è tanta, certo con gli opportuni “piedi di piombo“, dato che non ci tengo a tornare sui miei passi, non di certo in questo momento.
Non vedo l’ora di ingranare la giusta marcia per andare a pieno regime.
Forza e coraggio, papà lo ripete sempre, e penso proprio che abbia ragione.
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