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Ghost Recon Wildlands: (non siete i) benvenuti in Bolivia

Ghost Recon Wildlands: (non siete i) benvenuti in Bolivia

Me la sono presa comoda? Si, pure troppo, e ci ho pure provato gusto. Non tanto per l’attesa del pezzo (che a qualche lettore potrebbe sovvenire facile lo stiCa), quanto per ritagliare il tempo necessario da dedicare a Ghost Recon Wildlands, cercando di alternare un avanzamento (non l’ho ancora finito, lo chiarisco subito) che mi permettesse di giocare un po’ in single player, un po’ in cooperativa con amici (ovviamente incastrando in maniera alquanto fantasiosa il tempo libero di tutti, cosa assai complessa), e capire realmente cosa Ubisoft è stata in grado di mettere in piedi. Mettiti comodo, se sei un giocatore di questo titolo, non sei affatto il benvenuto in Bolivia.

Fatte le dovute premesse, la storia probabilmente la conosci già: uno Stato completamente controllato da narcotrafficanti e menti particolarmente brillanti ma prestate al “lato oscuro della forza armata“, in grado di allargare i tentacoli e basare la propria economia sulla polvere bianca, portando sul libro paga militari specializzati, forze di polizia, politici, ma anche quei singoli cittadini che non riescono proprio a trovare una luce in fondo al tunnel.

Ghost Recon Wildlands è un titolo pressoché enorme, un Open World che ti permette di andare ovunque, di scegliere il tuo destino e -spesso- quello della tua squadra. Seppur virtuale, la Bolivia del gioco ti immerge in un mondo che sembra quasi reale, spinto e arrivato al limite, in cui assaporerai in maniera quasi masochistica quella difficoltà di dover portare a terra (volente o nolente) le ginocchia di un nemico che fatichi a mettere nel mirino, ma che dal suo lato ti vedrà al primo accenno di errore, alla prima titubanza o errore nella pressione del tasto che ti fa alzare rispetto alla tua posizione china.

Acqua, terra e mare sono i tuoi obbiettivi, i primi almeno, perché è da lì che passa la cocaina, ciò che genera soldi e potere, tenendo saldamente al proprio posto tutta l’organizzazione, El Sueno in primis (il leader dell’intero “fan-club” della Santa Muerte). Dovrai destabilizzare, attaccare e radere al suolo (quest’ultima l’ho aggiunta io, è divertente) ogni cosa, fatta eccezione per quelle missioni per le quali è richiesto assoluto silenzio, quando nessuno oltre te dovrà sapere che ti trovi lì. Tu, parte di una squadra composta da 4 fantasmi (Ghosts), potrai fare affidamento suoi tuoi compagni (ovviamente), ma anche ad alcuni ribelli locali che evidentemente non riescono più a sopportare questo monopolio non desiderato, stabilito dal narcotraffico. Per scalare la piramide hai a disposizione qualsiasi mezzo di trasporto, il metodo di intervento lo scegli tu, l’importante è l’obiettivo finale, ed è abbastanza chiaro che per arrivare alle pedine grandi dovrai prima passare da quelle più piccole, un colpo alla volta.

Tutta questione di dettagli

Ciò che più colpisce sin da subito è la quantità di personalizzazioni a disposizione del giocatore. Il suo alter ego virtuale può essere plasmato secondo il proprio gusto, curando ogni singolo dettaglio, estetico ma anche riguardante la dotazione e gli accessori. Ogni arma può essere modificata in base a pezzi che è possibile recuperare e integrare portando a termine missioni secondarie del gioco (o esplorando posti apparentemente abbandonati, spesso sorvegliati da qualche soldato che bisognerà neutralizzare). Ogni ulteriore aiuto (dalla più banale granata all’esplosivo C4, passando per una mina da piazzare a protezione di un percorso che ti distanzia dal pericolo) può essere continuamente sviluppato, migliorato, evoluto tecnologicamente. Il drone diventerà uno dei tuoi migliori amici (e imparerai a utilizzarlo sempre più, fatta eccezione per le occasioni in cui le interferenze dovute alle difese nemiche lo costringeranno nell’angolo), così come la visione notturna e il binocolo, soprattutto quando gli amici si trovano in posti tattici dai quali non ci si può muovere agilmente.

Dal giorno alla notte

Il motore grafico di Ghost Recon Wildlands (AnvilNext, nda) è molto avanzato e si comporta benissimo pressoché in ogni occasione, regalando animazioni particolarmente riuscite, dettagli che non ci si aspetterebbe e che chiaramente non si danno per scontati, ma che è un piacere vedere quando ci si mostrano davanti agli occhi (uno tra tutti la bellezza del volo in elicottero, molto più del viaggio in motocicletta, quest’ultimo ha qualche piccolo difetto se consideriamo la ricchezza del primo citato). Il giorno rincorrerà la notte e viceversa, le condizioni climatiche non ti saranno sempre favorevoli (affatto) e renderanno talvolta più difficile controllare il proprio mezzo di trasporto (tanto per fare un esempio), ma anche tenere a bada mira e movimento del proiettile una volta sparato dal tuo fucile di precisione (le sfide più belle sono ovviamente quelle sulla lunga distanza).

Non puoi permetterti di fare errori, soprattutto quando intendi rimanere nell’ombra, perché i nemici si allertano facilmente, e ti verranno a cercare (spesso chiamando rinforzi).

Un amore a (quasi) prima vista

È quello che ho provato per Ghost Recon Wildlands, dopo mesi di intenso gioco multiplayer sull’altro titolo Ubisoft che mi ha regalato serate a suon di imprecazioni e risate con gli amici (The Division) da un lato, quintali di odio da parte della mia signora dall’altro.

Ghost Recon Wildlands però è diverso, profondamente, ma condivide con The Division quella necessità di diventare una simbiosi completa con i propri amici, quelli di gioco (o anche di birra), perché non c’è nulla di meglio che portare a termine una missione dietro l’altra cercando di coprirsi le spalle a vicenda, magari tirarsi su dopo una cazzata (ce l’hai presente quella che fai quando credi di poter affrontare qualsiasi nemico a petto nudo, villico, da bravo pirla?), perché nella modalità single player (accompagnato quindi dall’intelligenza artificiale) tutto diventa più difficile, macchinoso, scene in cui devi realmente essere il protagonista prendendoti i rischi in prima persona, quando non sai se puoi realmente contare su un compagno nelle tue vicinanze (quando ti tocca magari tornare indietro a neutralizzare un cecchino che neanche ti aveva visto!).

Sempre a proposito di intelligenza artificiale, nota di merito per quel genio di sviluppatore (che sia singolo o che si tratti dell’intero team) che ha ben pensato di favorire incontri e scambi di opinioni poco pacati tra pattuglie di polizia e Unidad, quelli che generalmente sfociano in colpi che volano ovunque, che prendono in pieno qualche innocente abitante che si trovava a passare per caso da quelle parti e che, non sempre, favoriscono una tua intromissione in veste di grande guastatore, passando quasi inosservato nonostante il silenzio sia solo un concetto abbandonato in un vocabolario tenuto sotto la gamba di un tavolo che stava ballando. Inutile dirlo (l’ho già detto), non sempre questa cosa è favorevole allo scopo, ma è alquanto divertente e lascia che quella tua vena ignorante faccia saltare in aria qualche mezzo di trasporto che favorisce il propagarsi di un falò che neanche alla grigliata di ferragosto al mare.

La parte relativa al matchmaking funziona abbastanza bene, ma fatica a farti incontrare giocatori della stessa nazionalità (sarebbe bello), senza considerare quei sporadici (e parecchio fastidiosi) problemi che ti portano ad andare fuori dai server di Ubisoft, nonostante una linea in fibra che non perde un colpo e un NAT completamente aperto. Si risolve facilmente unendosi alla partita di un amico che è ancora dentro, sia chiaro, ma resta una perdita di tempo che in momenti delicati è assai controproducente.

Vorrei aggiungere ulteriori righe sul sistema di guida che bisogna imparare a padroneggiare dopo diverse ore di gioco e sui tanti piccoli bug minori (uno tra tutti la posizione rispetto alle casse di rifornimento che non fa attivare le opzioni di interazione), ma si tratta di difetti che passano immediatamente in secondo piano quando si guarda Ghost Recon Wildlands nel suo complesso. Si tratta di un gioco davvero molto complesso, un titolo che lascia una libertà pressoché assoluta (pur rimanendo nei limiti di una sua trama e storia che prima o poi dovrà far comparire i titoli di coda), una pura goduria anche per chi non ama esclusivamente questo tipo di esperienza videoludica.

Ho più volte pensato a questo pezzo, credo di non aver scritto abbastanza ma ho già abusato fin troppo della tua pazienza. Ciò che tu puoi fare è approfittare di una qualche prossima offerta, acquistare la tua copia ed entrare a far parte dei fantasmi che girano la Bolivia per liberarla dall’oppressione del narcotraffico. El Sueno ha le ore contate.

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