Domanda particolare che nasce dall’articolo di Luca pubblicato qualche giorno fa e che – raro se ne parli su blog “non pirata” – trova poi ulteriore spazio da Emanuele che ne suggerisce anche una scorciatoia sia da PC che da iPhone / iPad. Io avevo infilato in uno di quei collegamenti rapidi della vecchia rassegna settimanale (era gennaio del 2020) qualcosa di simile, ma null’altro, perché credo fortemente si tratti di una zona grigia molto a cavallo tra un fantomatico diritto all’informazione e l’illegalità più pura superando una barriera volutamente messa lì per permettere la lettura a pagamento di qualcosa.
Non si tratta del giornale che trovi al salone del barbiere o della Gazza che trovi al bar la mattina. È vero, quel giornale viene pagato da una persona e poi sfruttato da molte altre (anche se un pelo meno da quando è scoppiata la pandemia), eppure non è un ragionamento che sento di voler applicare alle testate giornalistiche online che evidentemente in qualche maniera devono poter sopravvivere (e poi, capiamoci, la Gazzetta dello Sport – o qualsiasi altro giornale – al bar non è un qualcosa che tutti i gestori decidono di offrire).
Il termine paywall (traducibile in italiano come “barriera di pedaggio”) è usato nel World wide web per definire l’accesso a pagamento ai contenuti di un sito internet[1]. In caso di esistenza di un paywall per accedere ai contenuti di un sito è necessario siglare una sottoscrizione a pagamento. Talvolta rimane liberamente visibile solo parte del contenuto, un abstract oppure le prime righe di un testo.
Il caso più frequente di utilizzo di un paywall è quello delle testate giornalistiche online. Diversi giornali online chiedono ai visitatori una remunerazione per accedere ai contenuti online al fine di compensare la costante diminuzione della sottoscrizione degli abbonamenti cartacei e la conseguente riduzione dei profitti generati dalla pubblicità. La “barriera” serve a generare l’acquisto dell’edizione o la sottoscrizione di un abbonamento.
Il sistema del paywall è anche utilizzato nell’editoria accademica in cui l’accesso alle pubblicazioni è vincolato alla sottoscrizione di abbonamenti da parte degli enti di ricerca o delle biblioteche.
it.wikipedia.org/wiki/Paywall
A prescindere dalla qualità del prodotto (per quella ci si può fare ben poco), il Paywall è stato e viene tutt’oggi adottato per chiedere ai lettori un gettone di ingresso, per permettere loro di leggere articoli diversamente non accessibili. Di escamotage ce ne sono tanti ma quelli più conosciuti vengono utilizzati da siti web come 12ft.io e da componenti aggiuntivi che puoi tranquillamente installare nel tuo browser (Chrome, Firefox, Edge, ecc.). Giusto per capirci, molti di questi sono disponibili attraverso una ricerca negli store ufficiali, io potrei consigliartene già uno che apre le porte di una quantità imbarazzante di testate:
(disponibile anche per Chrome caricando una versione non da Store – gitlab.com/magnolia1234/bypass-paywalls-chrome-clean – e per Firefox sui dispositivi Android passando da una personalizzazione che accede ogni sito web visitato, addons.mozilla.org/en-US/firefox/addon/bypass-paywalls-clean-custom). Se vuoi essere più specifico ed evitare di usare componenti aggiuntivi a così ampio spettro puoi sempre passare da quelli più specifici (come Anti-Messaggero, FreeGlocal, freeRep e chissà quante altre ancora, basta solo continuare a cercare su AMO / Chrome Store o sbirciare tra gli User Scripts disponibili negli archivi di Greasy Fork e soci).
Questo per dire gli strumenti ci sono, sta a te utilizzarli o meno in base a cosa pensi sia giusto fare. Un conto è dare una sbirciata ogni tanto (ed è sbagliato pure questo), un conto è abusarne a spese altrui (ricorda che gli stipendi di certo non si pagano utilizzando questo tipo di scorciatoie).
Tu cosa ne pensi in merito?
#StaySafe
Immagine di copertina NeONBRAND on Unsplash
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