Ciao, Paolo.

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Le sigarette e gli episodi di Star Trek, le serate attorno a quel tavolone in mezzo alla sala a installare le nuove versioni di MacOS per provare le novità (quando ancora si scriveva così e quando non erano così frequentemente rilasciate) insieme a Elena, su quei nostri MacBook dalla scocca in plastica di cui ci vantavamo con chiunque. E poi le serate di quando ti mettevi ai fornelli, i WordCamp, le lunghe chiacchierate, le sessioni di lavoro e scambio idee in taverna, le ore interminabili in negozio da Luciano e Dio solo sa cos’altro ancora la mia testa in questo momento non ricorda, c’è solo un grande senso di vuoto.

Ciao, Paolo. 1
La fotografia l’ha scattata Fra.

Ci siamo conosciuti in rete la prima volta, quella effimera, incapace di generare rapporti veri e duraturi, ma che in realtà ha fatto nascere splendide amicizie più di quanto non abbia mai fatto il bar dello sport nella piazza del paese, perché i limiti per la rete non esistono e mai esisteranno. Tu c’eri quando ci si sentiva solo tramite una riga di testo, una telefonata, ci sei poi stato sul serio, dal vivo, quando sono approdato a Milano prima per lavoro, poi per stabilirmici definitivamente.

Mi hai accolto e accudito, mi hai dato un tetto sotto al quale non sentirmi “solo” quando le mie persone più care si trovavano a distanza non esattamente ravvicinata, hai rifocillato lo spirito e lo stomaco perché con te si poteva parlare solo davanti a un buon risotto, alla pizza alta tipica milanese o da Panino Giusto, che prima di metterci piede per la prima volta (con te) manco sapevo che cacchio fosse. Le battute da vero troll professionista, le giuste intuizioni, la testardaggine e la bravura, quelle amicizie – tante – che abbiamo condiviso e che mi hanno permesso oggi di ricordare in questo giorno così nefasto quante cose belle abbiamo visto e fatto spesso insieme.

La malattia ti aveva portato via tanto ma tu facevi finta di nulla, come se fosse la cosa più normale del mondo ma ehi, indovina un po’, non lo era affatto. Avevi bisogno e meritavi ancora più affetto e abbracci (è sempre stato difficile darteli, maledetto ciccione vanitoso), hai affrontato il tutto sempre a testa alta, come eri abituato a fare. Le ultime notizie mi sono arrivate per vie traverse perché non abbiamo avuto occasione di sentirci, quel maledetto senso di vuoto diventa oggi ancora più buio e doloroso se penso che non risponderai più dall’altro lato della cornetta.

Avrei mille cose da dirti ma voglio che rimangano dentro la mia testa e nel cuore, quando il buio si allontanerà perché il mondo andrà avanti, mi aiuteranno a ricordarmi quanto è stato bello conoscerti, quanto tu mi abbia fatto bene. È stato un onore tenente Valenti, mi piaceva un sacco quando mi raccontavi quegli aneddoti di una vita precedente nell’Arma dei Carabinieri.

Ciao, Paolo. Speriamo di poterci rivedere un giorno, ora vai a cacciare libero i tuoi draghi.

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