Immaginiamo lo scenario: sei figlio degli anni ’80, quindi cresciuto con i cartoni animati della Disney o Braccio di Ferro (tra i vari disponibili e visti, ovviamente) e i Topolino che uscivano il mercoledì in edicola. Cuphead, nonostante le troppo lunghe attese per la sua uscita su Xbox One e Windows 10, ti riporta in un attimo a quelle atmosfere, un colpo al cuore e una sensazione di nostalgia che pervade ogni singolo osso del tuo corpo, è proprio questo il suo punto di forza, non c’è dubbio.
Cuphead
Il lavoro di StudioMDHR non può certo brillare per puntualità. Me lo ricordo bene Cuphead, stavo seguendo la conferenza E3 di Microsoft a Los Angeles e correva l’anno 2014 (madonna, sembro un giornalista di cronaca nera, brutta roba!). Di anni per arrivare ufficialmente su PC e console ce ne sono voluti altri 3 (l’ultimo rinvio è quello del 2016, annunciato sul blog ufficiale), ma fortunatamente sembra esserne valsa la pena. Completamente disegnato a mano e colorato con quei suoi toni pastello meravigliosi, va –per certi versi– ad apprendere e assorbire ciò che non appartiene più al genere videoludico attuale, riproponendo missioni a scorrimento, e un completo discostamento dalla realtà che ti porta lontano con l’uso pesante della fantasia.
La trama che accompagna il titolo “non è il punto forte del gioco” (occhio al virgolettato), perché ci viene raccontato tutto e subito. Attraverso le pagine di un libro illustrato conosceremo Cuphead e Mugman, due piccoli fratelli che vivono nell’isola di Inkwell. In un giorno diverso dalla loro normalità, si allontanano da casa e si ritrovano a entrare in un casinò, dove iniziano a giocare a dadi vincendo una partita dietro l’altra.
Come tradizione insegna però, le cose non possono andare così, ed è il motivo per il quale il proprietario del locale arriva al loro tavolo (il Diavolo, nda) proponendo qualcosa di estremamente allettante: un tiro ancora. In base all’esito di quest’ultimo, tutte le ricchezze del casinò potrebbero finire nelle tasche dei fratellini, in caso contrario invece le loro anime dovranno essere cedute. Nonostante la preoccupazione ben visibili di Mugman, Cuphead accetta, e il tiro successivo va male come previsto. Le due tazze inizieranno quindi a pregare il Diavolo di rinunciare alle loro innocenti anime, ed è in questa occasione che salterà fuori il possibile baratto: recuperare le anime di tutti i suoi debitori in fuga, in cambio delle loro.
Da qui in poi, Cuphead andrà alla ricerca di tutti i debitori del Diavolo, ovvero i boss che incontrerai nel gioco e che dovrai sconfiggere, uno alla volta.
All’avventura!
La prima mappa sarà quindi a tua disposizione, tu dovrai semplicemente esplorarla e affrontarla, parlando con gli strani personaggi che la abitano (in alcuni casi ti daranno qualcosa in cambio, altre volte vorranno semplicemente fare due chiacchiere, o darti qualche consiglio). Ogni tappa farà parte di tre possibili categorie (“run’n’gun“: salta, spara e guadagna punti in scorrimento, “boss“: conquista l’anima di uno dei debitori del Diavolo e “santuario“, dove dovrai difendere un’anima perduta, che ti permetterà di ottenere nuovi poteri).
Tutti e tre i tipi di livello sono caratterizzati da un minimo comune denominatore: dovrai saper controllare il tuo personaggio nella migliore maniera possibile, perché ogni livello ti metterà alla prova senza opportunità di appello oltre quella messa a disposizione dai tuoi punti vita (3 a meno di aumentarle tramite acquisto all’emporio, quando giochi la partita in singolo, perché in multiplayer locale uno dei due compagni può resuscitare l’altro). Potrai guadagnare facilitazioni nel corso del livello, è vero, ma non è mai cosa semplice, e il rosa diventerà il tuo nuovo colore preferito (per facilitazioni intendo “carica“, quella che arrivata a un certo livello potrà essere utilizzata per sferrare colpi molto più forti contro il tuo nemico).
Ciò che non cambia nel corso dell’intero titolo è la modalità di gioco. Affronta ogni boss, porta a casa l’anima che compete al suo creditore, sottraila dal monte totale fino a portarlo a zero. Ciò che invece cambia e dosa una giusta quota di imprevedibilità è il nemico da affrontare. Ogni boss è diverso dall’altro, ha le sue caratteristiche, le sue capacità, il suo modo di metterti in difficoltà, e talvolta può capitare di non comprenderlo appieno subito, andando inevitabilmente incontro al rifacimento necessario del livello, una frustrazione che certamente proverai in diversi casi. Può far bene (consiglio spassionato) mollare il colpo dopo un paio di tentativi e passare ad altro, poi tornare su ciò che hai lasciato indietro.
Non è sempre detto, altro punto a favore del titolo, che ogni boss sia leggibile nel tempo. Dovrai imparare a cavartela, schivare, saltare (anche più volte, senza necessariamente sparare un colpo), indietreggiare e sfruttare piccoli secondi di debolezza del nemico, oppure appigli che possano tenere al sicuro il punto vita dall’attacco altrui. Calma e gesso, o sangue freddo se lo preferisci, perché con la rabbia e il continuo attacco a viso scoperto andresti quasi certamente incontro al Game Over, alimentando ulteriormente quella voglia di sassare via il controller fuori dalla finestra (detta in maniera rustica). Diversamente, cercando di mantenere la massima concentrazione, riuscirai a portare a casa il risultato, riportando a zero quel livello di stress e provando solo soddisfazione.
Non è cosa semplice
L’ho già detto, ma in realtà ho omesso un concetto con il quale ti ritroverai presto a scontrarti. Ogni boss nasce -per definizione- difficile da sconfiggere, proprio grazie alla sua unicità, ma (c’è sempre il “ma“) ciò che è meglio che tu sappia fin da subito, è che dovrai affrontare livelli a difficoltà normale per poter approdare alla parte finale del titolo, perché se scegli di scontrarti in maniera “semplice” con il nemico (si fa per dire), questo ti verrà precluso.
Esistono infatti le modalità Semplice e Normale, ma anche Esperto (che verrà sbloccata al termine del titolo) e un’anomala in “Bianco e Nero“, per chi riuscirà ad affrontare i livelli platform (sono 6) senza sparare neanche un colpo.
Puoi giocare quindi in modalità Semplice (magari per prendere maggiore confidenza con i controlli), ma ricorda che non potrai arrivare al termine di Cuphead (scegli quindi se investire il tuo tempo passando direttamente dalla Normale).
In conclusione
Un gioco di altri tempi, ben pensato ma soprattutto ben realizzato, perché quel suo essere tremolante come il flusso televisivo dell’epoca (basato anch’esso sul disegno a mano libera, poi messo in sequenza) ti riporta indietro con la mente, appagando un senso nostalgico che fa bene anche al cuore. L’avventura è basilare come la sua storia, ma molto complessa da portare a termine grazie ai personaggi nemici studiati a tavolino, che si comportano ogni volta in maniera differente.
Tutti i tasselli completano un prodotto unico, anche quel modo tutto suo di farti sentire inadatto ad arrivare al termine del livello, preparandoti a ripeterlo per l’ennesima volta, possibilmente imparando dagli errori che sì, fattene una ragione, sono solo tuoi. Aguzza la vista e tieni le orecchie bene aperte, tutto ti può aiutare. Se puoi, fatti aiutare da chi è in casa con te, in coop locale tutto diventa più semplice, anche perché quella online manca all’appello (e non è attualmente prevista).
Manca anche la localizzazione italiana (ci sono i sottotitoli), ma ciò non inficia sul valore finale di Cuphead, nonostante questa verrà probabilmente resa disponibile entro breve, almeno così si dice sul blog ufficiale dello studio.
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