Ho bei ricordi dei natali trascorsi in famiglia, appartengono tutti all’età più spensierata, quando non era necessario pensare assolutamente a nulla, quando i tuoi genitori programmavano e sceglievano tutto (o quasi) al posto tuo, quando gli zii con la casa più grande accoglievano tutto il resto della ciurma e il gioco con i cugini diventava la cosa che più assomigliava a un campo da battaglia dove chi entrava era perduto e uscire non era un’opzione percorribile.
Mi divertivo, mi divertivo davvero tanto, probabilmente è la nostalgia che scrive al posto mio ma “pagherei per rivivere anche solo per un attimo quei momenti“. I regali, le questioni “da grandi” lasciate agli adulti, le partite a tombola e il mercante in fiera, i giochi di società, le risate, i mandarini e la frutta secca, le ore che trascorrevano beate, sempre troppo veloci, quella sensazione di caldo e benessere che ti attraversava la schiena quando forse l’unico cruccio a rovinarti la festa era il pensiero che entro qualche giorno sarebbe stato necessario tornare a scuola, la magia sarebbe svanita e la normalità avrebbe preso nuovamente il sopravvento nella quotidianità di noi tutti, almeno fino alle successive vacanze.
Poi cresci e ti rendi conto che i tuoi genitori e i gli zii (ma un po’ tutti i parenti) facevano davvero un gran lavoro per portare sul palcoscenico quella magia, facendo sì che lo spettacolo procedesse per il meglio dall’inizio alla fine, con tanta fatica, sacrifici e intoppi da gestire e risolvere.
Oggi da uomo, marito e papà (e zio) si prova a replicare ciò che si è vissuto in prima persona, si tenta di mettere in scena lo stesso spettacolo per il bene della prole che deve poter vivere quella stessa magia che ti ha fatto stare tanto bene quando eri bambino, ma presto ci si accorge che a stare dall’altro lato della barricata molto cambia, non necessariamente in meglio, anzi, spesso tutt’altro.
Siamo tutti (chi più, chi meno) diventati molto più disillusi, insofferenti e spesso intransigenti, più egoisti per certi versi, gli “anni della pandemia” non hanno certamente aiutato e – come già scritto su questo blog – non ne siamo usciti migliori, affatto. Si discute, si litiga, non ci si capisce e qualche volta si ignorano segnali o – come spesso accade – più semplicemente non si parla chiaro, non ci si dice in faccia ciò che si pensa in nome di una più civile e pacifica convivenza che spesso però porta solo ad avvelenare un momento che dovrebbe essere di riposo, di amore, di festa e convivialità, con il cuore più leggero possibile.
Dubito che i nostri genitori, zii o nonni possano oggi dire solo cose buone di quei natali passati in famiglia e che io ricordo come momenti magici e perfetti; forse erano tali solo per noi più piccoli che pensavamo a divertirci lasciando fuori tutto il resto, e quella paura che oggi mi accompagna è che non verranno ricordati come tali dalla nuova generazione, perché l’ansia e lo stress talvolta la fanno talmente tanto da padroni che si finisce per dimenticare quanto valore possa avere un abbraccio, un sorriso, una carezza, un po’ di quel tempo che si vorrebbe dedicare ad altro (forse a staccare la nostra testa e scendere dalla giostra?) e che finiamo invece per dedicare – giustamente – al regalo ricevuto, al suo montaggio e al gioco tutti insieme.
È una ruota che gira e nonostante provi di continuo a girarla, ho come l’impressione che non basti mai. Non ho idea se io stia sbagliando ma spero che un giorno, in un futuro neanche così tanto lontano, mio figlio possa venirmi ad abbracciare dicendomi che tutto sommato non me la sono cavata così male.
Propositi per il nuovo anno?
Sarò sincero: nessuno in particolare. Voglio solo che la famiglia continui a stare bene, che non manchi nulla a nessuno e che la mia testa smetta di farsi troppe paranoie anche quando si potrebbe lasciar scivolare addosso molto di più.
Auguri a te che hai letto fino a qui.
Ho scritto l’intero post con cellulare e tastiera esterna (questa), non è poi così male, comodo, non permette grandi distrazioni :-)
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