Ladies and Gentlemen, è finita.
Lo dico già con un pizzico di nostalgia, tra una lettera e l’altra battuta su questa tastiera. 184 giorni di festa durante i quali Milano ha vissuto l’invasione pacifica di popoli provenienti da tutto il mondo. 6 mesi che sembrano essere passati in un battibaleno (e questo lo dico anche con quel pizzico di “Cazzo, ma è già passato così tanto tempo? Quindi è finito il 2015?“), che hanno portato una ventata di novità e innovazioni in una Milano mai così tanto in fermento nelle vie centrali (ma non solo), nuovi posti da non lasciarsi scappare, da scoprire, da vivere.
Kilometri di articoli sono già comparsi su qualsiasi testata e blog amatoriale come il mio. Numeri che si susseguono, ragionamenti sui biglietti venduti, sugli ingressi totalizzati, su quelli che invece ci si aspettava al primo di maggio o giù di lì, sulle spese che Expo ha “causato“, sul personale sottopagato, sulla quantità di peli presenti nelle zone pubiche delle ballerine dell’Uruguay, è stata scritta praticamente ogni cosa.
Di articoli validi e spunti interessanti da leggere ce ne sono tanti, in alcuni casi sono nascosti in quantità di righe di contorno delle quali si sarebbe potuti fare a meno senza colpo ferire. Troppi i collegamenti da riportare, non basterebbe lo spazio nel mio database probabilmente. È facile arrivare a leggere tutto ciò che si desidera con una semplice ricerca piazzata in Google. Questo è e vuole essere il terzo e ultimo articolo dedicato a Expo nel mio blog (gli altri li trovate tutti sotto il tag Expo 2015, manco a dirlo) a fare da contenitore di ringraziamenti, osservazioni personali, e proporvi l’ultimo bulk di immagini caricate nell’album Flickr che supera così i 1300 scatti catturati nel luogo dell’esposizione universale di Milano.
Personali vincitori
Si traggono conclusioni a fine Expo, soprattutto dopo aver potuto visitare ogni padiglione in lungo e in largo, dopo essersi fatti kilometri di camminate più e più volte ripetute a cavallo tra il Decumano e il Cardo, dopo aver volutamente evitato di prendere la comoda navetta perimetrale gratuita che abbiamo sfruttato una sola volta per questioni di tempi (eravamo in ritardo per un appuntamento!).
Tanti hanno parlato degli Emirati Arabi Uniti o del Giappone. Quest’ultimo ha dovuto più volte chiudere la coda a causa dei tempi stimati per l’ingresso e la visita. Io e Ilaria ricordiamo bene quella coda, ne abbiamo fatta però una molto più ridotta, da poco meno di due ore in totale per poter varcare la soglia della prima sala chiusa del padiglione. Lo abbiamo visitato tutto, abbiamo preso parte alla cena virtuale a fine tour, siamo usciti con la stessa espressione di un bambino che guarda la mamma e chiede lei “e quindi? Tutto qui? La fila fatta sotto al sole e con la schiena ormai a pezzi per cosa?“. Intendiamoci: bello, fuori di dubbio, ma immeritevole di un’attesa che supera l’ora circa. L’ho scritto nel mio precedente articolo (un po’ tra le righe), lo ribadisco in questo conclusivo perché è ciò che abbiamo continuato a pensare entrambi.
Al confronto, ho molto apprezzato le bellezze della Cina, non fosse già per quello splendido panorama floreale prima dell’ingresso (senza nulla togliere al capolavoro di legno incastrato senza l’utilizzo di alcun chiodo in Giappone, nda). Una sensazione molto positiva provata poi anche in Germania, dove solo lo spettacolo finale vale l’intera attesa perché è stato in grado di coinvolgere e far sorridere ogni partecipante. Sempre lo spettacolo è stata la chiave della bellezza di padiglioni molto più piccoli come il Vietnam (ve ne avevo parlato nel primo articolo e trovate alcune fotografie nell’album su Flickr). Chi invece di spettacoli non ne offriva, preferendo una riflessione indotta e che abbiamo molto apprezzato, è stata la Svizzera. Nonostante una piccola folla di gente che continuava a passarci di fianco invitandoci a uscire dalla coda perché “Dentro non c’è nulla, andatevene” (cit.), noi siamo rimasti fino alla fine, soddisfatti di averlo fatto:
Una riflessione che dovrebbero fare in molti, soprattutto coloro che hanno anche avuto il coraggio di lamentarsi perché hanno fatto la coda “senza motivo“, come se ci si trovasse più in una grande sagra di paese, che in un luogo atto a far riflettere (almeno sulla carta) su un problema ben più importante che ancora oggi non è stato risolto (e non solo per farsi portare al tavolo un piatto caldo a caro prezzo, o magari acquistare il souvenir da portare all’anziana nonna che non è potuta essere presente).
Bellezza dei padiglioni a parte, il mio (in realtà il nostro, nda) vincitore è lui:
Ha dato spettacolo ininterrottamente per 6 mesi, più volte al giorno, con luci, suoni, giochi d’acqua e motivi che ormai i frequentatori assidui di Expo potrebbero fischiettare a memoria per ore, un po’ come al solfa degli sponsor che potrebbe essere ripetuta a memoria anch’essa. Resterà lì, presso lo spazio che lo ha ospitato e che lo ha visto “crescere“, sperando che il tempo e la scarsa manutenzione non ne rovinino la bellezza di cui ha potuto fare sfoggio in tutto questo tempo.
Spero che ci saranno altre occasioni per vederlo accendersi e riscaldare i cuori di tutti i presenti, magari non troppo in là con il tempo, che già la nostalgia del sincero abbraccio tra coppie di qualsiasi età e stupore dei bambini un po’ mi manca :-)
E ora cosa succede?
Questa è una bella domanda che va certamente oltre il materiale in fase di smantellamento, venduto o riportato a casa come raccontato dal Corriere qualche giorno fa: milano.corriere.it/cronaca/cards/rimontati-all-asta-o-distrutti-ecco-che-fine-faranno-padiglioni-expo-il-31-ottobre/cosa-rimane-sito-il-31-ottobre_principale.shtml.
Expo è stato prima di tutto il parco divertimenti per eccellenza di architetti provenienti da tutto il mondo, una cornucopia di sicuri guadagni per chi ci ha potuto lucrare sopra (nel bene e nel male). Abbiamo potuto vedere costruzioni che sarebbe difficile riprodurre in altro tipo di ambiente, talvolta di una bellezza disarmante, talvolta deludenti (come se fossero stati realizzati tanto perché c’era solo bisogno di farlo), è stato certamente bellissimo poter vedere in un solo luogo così tante idee contrastanti ma che nel loro complesso hanno fatto la “porca figura“.
Rimane però l’interrogativo principale: è servito al suo scopo? Vi invito a dare un’occhiata al sito web ufficiale della Carta di Milano, che è stata spinta per prima dal Padiglione Italia, poi pubblicizzata in lungo e in largo per tutto il Decumano e il Cardo. Sarà lei la sola traccia concreta di questa splendida esposizione?
Noi a casa ci siamo potuti portare tante cose, non sempre belle, in ordine sparso ed esclusivamente per buttare lì un po’ di umorismo finto-inglese: fumo passivo dovuto alle abbondanti sigarette fumate lontano dalle apposite aree, finte pance per donne che non desideravano fare la fila ai padiglioni, stampelle o carrozzine per disabili a noleggio o ancora nipoti o bambini di amici già cresciuti ma portati nei passeggini per lo stesso identico motivo delle pance finte, chissà cos’altro che i nostri occhi non hanno visto.
L’unica cosa che avrei desiderato (facente parte dello stesso calderone, nda) è ciò che invece è mancato: le monete straniere. Mai visto in vita mia così tante euro (monete) di conio italiano, è più facile trovare le straniere negli abituali giri quotidiani tra una spesa al supermercato e un pieno di benzina dietro casa propria. Mio padre, collezionista amatoriale, non è stato affatto contento ;-p
In conclusione
È stato in ogni caso un successo. Sia che si sia trattato di sagra di paese, sia che si sia trattato “solo di uno sbaglio“. Impossibile sapere già oggi se sarà anche stato un successo in termini di crescita culturale, sul problema della nutrizione e della disponibilità del cibo per tutti i popoli del mondo, lo scopriremo solo tra qualche tempo.
Prima di chiudere definitivamente, tornando a parlare di Emirati Arabi, vi consiglio di dare un’occhiata al video girato da Le Iene riguardo i tempi di attesa biblici per entrare nei padiglioni durante il fine settimana (è solo per farsi una risata, si tratta di assoluta fuffa):
https://www.facebook.com/567920736559034/videos/vb.567920736559034/1123424707675298/?type=2&theater
E ne approfitto inoltre fare i complimenti alla squadra di Marco Massarotto che, seduta dietro la scrivania di @AskExpo (per modo di dire, nda), ha sopportato e supportato una marea di utenti con le loro domande poste tramite Twitter, le cifre sono da rispetto assoluto, bravi ragazzi! :-)
https://www.facebook.com/Doing/posts/953326724734945
Anche se i veri complimenti vanno fatti a tutti coloro che hanno lavorato duro in questi 6 mesi (e più, considerando l’organizzazione per preparare l’evento): volontari, forze dell’ordine, manutentori e tutti, ma proprio tutti, hanno permesso a noi visitatori di assistere a questo spettacolo.
Good luck Dubai 2020.
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Milano Real Life (MRL)
È il nome di una raccolta di articoli pubblicati sul mio blog che raccontano la vita di un "perfetto nessuno" che ha deciso di spostare abitudini e quotidianità in una differente città rispetto a quella di origine.
Alla scoperta del caotico capoluogo lombardo mai tanto amato e odiato allo stesso tempo, per chi è nato qui e ancora oggi continua a viverci per volere o necessità, per le centinaia di persone che vengono da fuori e vedono Milano come una piacevole alternativa o una costrizione imposta dalla propria vita studentesca o lavorativa.
La rubrica di approfondimento alla quale però non bisogna fare l'abitudine, non siamo mica così affidabili da queste parti!
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