Pensieri sparsi durante la spesa all’Esselunga

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Dopo più di un mese che non andavo oltre il cortile del condominio dove viviamo, stamattina sono uscito per andare all’Esselunga a fare la spesa. Ti avevo raccontato dell’impossibilità di trovare in orario umano uno slot per la consegna a domicilio e la situazione non è certo migliorata, quindi in fin dei conti si è costretti a uscire e mettersi in strada. Né all’andata e né al ritorno ho trovato pattuglie per il controllo del traffico ma ho notato con gioia che di auto in mezzo alla strada se ne vedono proprio poche rispetto al traffico standard meneghino in piena settimana lavorativa, segno che Milano in qualche maniera sta seguendo le indicazioni ricevute e sta rimanendo confinata tra le mura di casa il più possibile.

Carrelli della spesa (Esselunga)
Photo by Alexandru Tugui

Avevo quasi dimenticato di come fosse fare la spesa fisicamente nonostante fossi già passato in Esselunga nel periodo di crisi da Covid-19. Il distanziamento fisico in attesa di entrare nel supermercato è ancora più marcato, l’obbligo della mascherina e dei guanti arrivano da Regione Lombardia e vanno quindi rispettati tassativamente, io non avendo mascherine ho usato una di quelle bandane elastiche tipiche da motociclista, si fa quel che si può. Al resto ci dovrebbe pensare il personale di sicurezza che si occupa di tenere la fila in ordine nonostante il comportamento non sempre brillante dell’essere umano medio.

Se posso ritenermi soddisfatto di coloro che avevo nelle dirette vicinanza di coda non posso dire lo stesso di quegli over-65 che godono di una priorità maggiore e che se ne infischiano di distanze e buone norme. Hai più di 65 anni, senti l’assoluta necessità di uscire da casa e usi la scusa del supermercato per farti una passeggiata, ci sta, in qualche maniera posso comprenderlo e la cosa non mi sposta affatto, poi però lì vedi lì tutti insieme, uno addosso all’altro perché bisogna necessariamente entrare prima del quarantenne bloccato in coda da 20 minuti, chiacchierano, si insultano perché “io sono arrivato prima di lui!“, in mano una bustina che potrà contenere al massimo un paio di mele e forse mezzo chilo di pane, tanto posso sempre tornare nel pomeriggio o domattina, una signora poco distante da me borbotta e si lamenta a gran voce chiedendo che venga dato un intervallo orario a queste persone per evitare di bloccarne tante altre che magari hanno preso un permesso lavorativo.

Continuo a farmi la mia fila, apprezzo ogni singolo minuto passato sotto al sole, il vento mi permette di respirare perché sotto quella bandana c’è un caldo così umido che mi sento già pronto a raccogliere il muschio per il presepe che non avevo ancora deciso di costruire a natale ed ecco fatto, è arrivato il mio turno. I cartelli attaccati ovunque sono chiari: una persona per carrello, tenere sempre la mascherina e i guanti, cercare di rimanere distante dalle altre persone mentre si fa la spesa, evitare i corridoi affollati passando magari al successivo e tornando indietro dopo qualche minuto. La voce registrata dell’Esselunga ripete queste buone, sensate e logiche norme di comportamento a intervalli regolari. Ci sono un buon numero di casse aperte, io utilizzo sempre il Presto Spesa e guai a chi me lo toglie. Prendo il mio carrello, il mio terminale ed entro.

Lista già pronta e salvata nell’applicazione di Esselunga, colpi sicuri e rapidi, la maggior parte dei prodotti è ora confezionata per evitare che tu perda troppo tempo nel reparto frutta e verdura, ha senso. Ho già perso il conto di quante persone si siano avvicinate a me e al mio carrello senza lasciare quel famoso metro di distanza richiesto. Tre bilance per pesare la frutta, due in uso e la terza libera, una signora decide di affiancarsi a me anziché usare quella libera, qualcosa mi sfugge ma per fortuna avevo terminato e vado via immediatamente.

Avanzo, nel corridoio delle farine c’è un mucchio di gente, prevedibile e altrettanto stupido perché così facendo viene ancora una volta a meno la distanza e la raccomandazione di evitare i corridoi affollati. Vado in là, tornerò più tardi. Nel frattempo riesco a cavarmela quasi in tutti gli altri reparti, torno indietro, prendo la farina che mi serviva e vado verso la pasta. Incontro un signore che per parlare al cellulare aveva ben pensato di togliere la mascherina, il mio sguardo non aveva bisogno di sottotitoli e se ne accorge, discutiamo, capisce che la disapprovazione era più che giustificata, indossa la mascherina che a dir suo impediva di far sentire bene la sua voce (indovina un po’: non era così) e in una qualche maniera si scusa per l’accaduto.

Alla gastronomia le persone fanno a gara per non seguire le raccomandazioni e fregarsene di quella riga di nastro messa a terra (visibilissima) che indica la distanza minima da mantenere rispetto al banco e a chi ci lavora dietro. È qui che trovo tante coppie che facevano la spesa insieme, alla faccia di quel “massimo una persona per carrello“, pressoché tutti over-65 o giù di lì.

Finisco, pago, ringrazio l’operatrice per il lavoro che svolgono tutti i giorni, è un po’ come voler ringraziare loro tutti uno a uno. Torno all’auto, carico la spesa, arriva uno di quegli anziani signori che stava facendo la spesa con la moglie infischiandosene di ogni regola. Si allontana dall’auto, raggiunge un angolo del parcheggio e piscia. Decido che per oggi ho visto troppo e voglio solo tornare a casa.

Ora capisci perché mi sveglio nel cuore della notte per cercare un cazzo di slot libero per la spesa a domicilio?

Rivoglio la normalità.

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MRL: Milano Real Life

È il nome di una raccolta di articoli pubblicati sul mio blog che raccontano la vita di un "perfetto nessuno" che ha deciso di spostare abitudini e quotidianità in una differente città rispetto a quella di origine.
Alla scoperta del caotico capoluogo lombardo mai tanto amato e odiato allo stesso tempo, per chi è nato qui e ancora oggi continua a viverci per volere o necessità, per le centinaia di persone che vengono da fuori e vedono Milano come una piacevole alternativa o una costrizione imposta dalla propria vita studentesca o lavorativa.
La rubrica di approfondimento alla quale però non bisogna fare l'abitudine, non siamo mica così affidabili da queste parti!
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